“La natura, caro figlio Eustazio, ci collega durante la vita a degli oggetti numerosi e diversi ma nessun legame è più forte dell’amore che ci unisce a coloro ai quali abbiamo dato la vita. Affinché ci prendessimo il compito di elevare e istruire i nostri bambini, la natura ha voluto che la cura dei genitori diventasse la più dolce delle occupazioni, nel caso contrario il più duro dei dolori. Così niente mi è stato più a cuore della tua educazione. Voglio metterti a disposizione tutto ciò che ho letto, sia prima che dopo la tua nascita. Un repertorio di conoscenza scritto nelle lingue della Grecia e di Roma, voglio lasciarti un tesoro letterario, così che ti sia facile trovare le narrazioni perdute, nella immensità di scritti che sono stati pubblicati e individuare i fatti e le parole che meritano di essere ricordati.
Quest’opera non ha lo scopo di fare mostra di eloquenza ma soltanto di offrirti un insieme di conoscenze utili. Tu devi essere soddisfatto se tu trovi la scienza dell’antichità chiaramente spiegata sia con le mie parole che per le espressioni dirette degli autori antichi.
Noi dobbiamo in effetti imitare le api che si posano su fiori diversi per raccogliere il nettare. Esse apportano e distribuiscono in raggi tutto ciò che hanno raccolto dando un sapore unico a questo succo formato da elementi diversi.”
Sono le parole con le quali Macrobio introduce la sua opera preziosa: “I Saturnali” , dedicata appunto al figlio, sette libri dove raccoglie, come scrive lui stesso, tutto ciò che è importante ricordare. L’anno è il 430, gli editti di Teodosio hanno già portato la loro azione devastatrice, i culti pagani sono fuorilegge, puniti e perseguiti con durezza e violenza inaudite ma nessuna menzione al cristianesimo viene fatta in tutta l’imponente composizione letteraria. Macrobio adotta una precisa e altezzosa volontà di negazione, con il suo silenzio incisivo, giudica la nuova religione distruttrice delle fondamenta di una civilizzazione gloriosa.
L’opera è costruita come un simposio conviviale, al quale partecipano i vari personaggi, tra cui il quarantenne Quinto Aurelio Simmaco. Gli incontri si tengono in occasione dei festeggiamenti dei saturnali nel mese di dicembre, attorno a tavole imbandite, nelle ricche dimore dei convitati. Ognuno dei commensali è chiamato a svolgere, nel rispetto della tradizione e nella ricerca appassionata della conoscenza, un approfondimento culturale. Si aprono dialoghi su molteplici temi, dalla religione, alla filosofia, dagli eroi della guerra alle divinità, dal cibo alla medicina, al tempo. Chi l’ha modificato? E il giorno quando ha inizio? E l’usanza della toga pretesta da dove arriva? Ad ogni evento si vuole dare una spiegazione storica e filosofica, perché nulla s’impone all’improvviso ma tutto è dentro un divenire, le cui origini si perdono in un’alba antica.
L’arrivo di Evangelo, il cui nome non è casuale, porta scontrosità ed arroganza, denigra Virgilio e Cicerone, su ogni tema si mostra intollerante e in disaccordo e le sue parole, nella vivacità e profondità culturale dei presenti, suonano superficiali, strafottenti ed insolenti. L’ospitalità non gli viene comunque negata e la gentilezza di Pretestato, il padrone di casa, è encomiabile. L’argomento scivola, tra i tanti affrontati, sugli schiavi, poiché nei giorni dei Saturnali godono di una libertà insolita e in onore alle antiche tradizioni sono serviti e riveriti dai loro padroni.
Con i miei auguri.
Annamaria Beretta
P.S.: troppi insegnanti ligi alle credenze hanno impedito l’autentica conoscenza del mondo antico. Credere è il punto più basso dell’apprendimento, non richiede né studio, né argomentazione ma solo una disposizione mentale acritica e sottomessa.